Nel momento in cui si propone uno strumento di analisi dei rapporti delle nazioni alternativo al PIL ci si confronta con l’annoso compito di criticare tale artificio di analisi. Questo strumento è stato ideato da Adam Smith e per molto tempo si è rivelato apparentemente esaustivo nel descrivere la realtà. Prima di entrare nel lungo dibattito su di una possibile alternativa al PIL e sulla soluzione che in questa sede viene proposta è bene forse evidenziare cosa sia il Prodotto Interno Lordo esattamente e quale è la sua debolezza più palese. Il PIL è un misuratore di ricchezza che tiene conto della Produzione, i Consumi e dei Redditi/Profitti. Da queste singole voci il PIL tenta di descrivere, attraverso l’uso esclusivo dell’economia, lo stato di benessere di una nazione. Una caratteristica interessante del PIL è quella di offrire una analisi che mal si adatta alle precedenti epoche e che sembra ugualmente gestire con difficoltà l’attualità, il che ci porta a dire che, se non altro, è stato uno strumento utile ma eccessivamente specializzato per l’epoca che lo ha prodotto. Come la fisica newtoniana si è rivelata insufficiente quando abbiamo spinto il nostro sguardo oltre la stratosfera, allo stesso modo è stato per il PIL.

le critiche della commissione Stiglitz

La Commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi venne commissionata dall’allora presidente Sarkozy con lo specifico scopo di analizzare e possibilmente superare il PIL. Dopo 292 pagine di relazione e 5 premi nobel al lavoro, la Commissione decise di non sbilanciarsi riguardo alla formulazione di una alternativa al PIL pur riconoscendone alcuni enormi limiti, e limitandosi a consigliare una serie di correttivi. Parte di questa scelta fu dovuta dall’obiettivo principale della Commissione, la quale si era posta il problema che il PIL non rappresenta il “benessere” di un paese. Per quanto la Commissione abbia stabilito una serie di parametri piuttosto stringenti per definire tale espressione è opinione di chi scrive che tale esercizio non giovi ad un risultato applicabile in tutte le epoche e per tutti i popoli del mondo, in quanto il benessere è un concetto altamente sfumato, che varia da paese a paese e da cultura a cultura. Un’importante operazione però svolta dalla Commissione è stata la definizione per cui il benessere non si basa sempre su attività di mercato e quindi misurabili attraverso il PIL, inoltre che i benefici sociali, spesso frutto di una sapiente organizzazione dello stato, non sono minimamente osservabili attraverso il PIL. Un altro grave problema messo in luce dalla Commissione è l’assenza di un parametro nel PIL che definisca la fragilità finanziaria di una nazione. Tenendo conto anche soltanto di questi due problemi ci rendiamo conto che, limitandoci agli ultimi 40 anni di storia europea, se studiassimo esclusivamente l’andamento del PIL non avremmo modo di rintracciare la Grande Crisi Economica, l’avvento e la crisi delle social-democrazie del nord europa (e del loro Welfare), la recrudescenza della politica espansiva russa e altri elementi chiave di questo momento storico. Un altro aspetto fondamentale messo in luce dalla Commissione fu il ruolo del PIL nell’influenzare le politiche nazionali in maniera negativa. Esattamente come lo strumento di analisi negli esperimenti di fisica quantistica influenza l’esperimento stesso ( il celebre gatto di Schrödinger ) allo stesso modo, una volta elevato a indice di valutazione delle nazioni, il PIL, che tiene conto esclusivamente delle capacità produttive di uno stato, ha spinto molti governi a implementare questo aspetto ignorandone altri. Il capitalismo più feroce applaude, il benessere dei popoli che lo subiscono non se la passa altrettanto bene.

Le Proposte Alternative

Preso atto dei limiti, e dei pericoli, del PIL, molti si sono fatti avanti nel corso del tempo tentando di dare una soluzione alternativa. Riassumiamo alcune delle principali proposte.

MEW
Measure of Economic Welfare. Teorizzato dai premi nobel William Nordhaus e James Tobin, si prefigge di essere un correttivo al PIL aggiungendo parametri che tengano conto degli investimenti, di una nazione, inserire un parametro di misurazione del valore domestico ed infine di tenere conto delle spese per l’ambiente. 
HDI
Human Development Index. Nato sempre dalla mente di un premio nobel, in questo caso Amartya Sen, è l’indice promosso dal Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite, e definisce il rapporto di crescita di un paese in base a tre nuovi parametri: il reddito procapite, la speranza di vita alla nascita e il tasso combinato di alfabetismo e scolarizzazione
GPI
Genuine Progress Indicator. Ancora una volta si tratta di un correttivo da applicare al PIL e non un indice da esso indipendente e cerca di equilibrarne i risultati sottraendo l’impatto sociale ed economico derivato dalla criminalità, il peso dell'inquinamento e del deterioramento delle risorse naturali e aggiungendo al prodotto interno lordo il valore del lavoro svolto all'interno della famiglia e del volontariato. A questo si aggiunge un altro complesso numero di fattori fra cui la distribuzione del reddito, i servizi e i costi dei beni durevoli e delle infrastrutture, il capitale preso in prestito dall'estero, la disponibilità di tempo libero o il numero di divorzi.
il SuperPIL
Anche l’Economist, il celebre giornale americano, ha provato a proporre la sua alternativa, che si tratta ancora una volta di un correttivo al PIL originario. In questo caso si tiene conto però dell’importanza dei BIG-Data che vengono utilizzati per tentare di delineare parametri al momento esclusi come il livello effettivo della qualità e della distribuzione della sanità, o i sempre sfuggevoli parametri come il lavoro domestico non pagato e l’assistenza all’interno dei nuclei familiari.

E’ opinione di chi scrive che nessuna delle proposte avanzate possa essere risolutiva in quanto presenta delle debolezze comuni e condivise. In primo luogo la maggior parte di questi lavori si basa sul PIL e per quanto tenti di correggerlo non può superare delle imperfezioni intrinseche esponendosi alla ben nota legge della Propagazione dell’Errore.
In secondo luogo questi valori sono difficilmente applicabili alle varie epoche della civiltà umana e si trasformano spesso in uno specchio distorto dell’opinione che la cultura che le produce ha di sé stessa, in altre parole rivelano quel che ci si aspetta, commettendo l’errore comune di molti sistemi di analisi di considerare la propria epoca storica in qualche modo unica e differente da quelle precedenti o quelle che verranno.
Infine il problema principale, secondo chi scrive, è che questi metodi ricercano dei parametri assoluti i quali, specialmente in un’epoca dominata dai Big-Data, sono quantitativamente abnormi ed in continua crescita. La via che si dovrebbe percorrere è quella di parametri relativi, ponendosi delle domande che studino i rapporti di forza fra le nazioni in uno scenario che tenga conto delle complessità della nostra epoca ma non le esasperi. In altre parole esistono sicuramente degli elementi unici in questo periodo storico ma molti meno di quanti talvolta si possa credere. Le domande che ci dobbiamo porre sono:
Quali sono le nazioni più forti ?
Quali sono le nazioni dotate di una vera indipendenza ?
Per quale ragione esistono tali rapporti?
è possibile prevedere l’andamento di questi rapporti e sfruttarli?

Naturalmente l’espressione “forza di una nazione” solleva un problema di natura filosofica nella specifica definizione di Forza. Considerando che la produzione, il benessere, la felicità, sono elementi notevolmente influenzati dal sistema economico vigente e da parametri inafferrabili di natura culturale, in questa sede si intende per “Forza di una nazione” un insieme di fattori che riassumano la capacità di una nazione di imporsi su le altre nelle forme e nei modi caratteristici della sua epoca. Questo ci porta automaticamente alla definizione di indipendenza. Anche se i sistemi di controllo sono mutati nel corso del tempo, e muteranno ancora, esistono di fatto nazioni indipendenti e nazioni che non lo sono, anche se la propaganda del momento sostiene il contrario. Un paese che oggi dipende economicamente da un altro è sottomesso al suo giogo esattamente come un protettorato inglese dell’800 o una provincia romana. Se fra duecento anni sarà virtualmente possibile smilitarizzare una nazione essa sarà di fatto sottomessa ad una nazione che invece sarà armata e sarà garante di tale stato di cose. Cambiano le forme, ma non la sostanza, ovvero sia che esistono nazioni indipendenti e nazioni che non lo sono ed altre che hanno un certo margine di indipendenza e che lavorando bene possono emergere.

I rapporti di forza reali e la propaganda politica

Il vero problema nel momento in cui si parla di un metodo di misurazione dei rapporti di forza è che si entra nell’ambito della percezione, ed essa è, giocoforza, influenzata dalla propaganda. Per quanto questa parola abbia assunto negli ultimi decenni un significato negativo essa è una parte integrante di tutte le nazioni, nessuna esclusa, anche se la si affibbia negativamente al rivale di turno. La propaganda, volendone coniare una definizione riassuntiva, è quell’insieme di meccanismi attuati da una nazione per perpetuare nei suoi cittadini l’illusione che essa sia indispensabile e senza alternative. Nel momento in cui i cittadini di una nazione non credono più nella sua esistenza come valore assoluto essa crolla e viene assorbita in altre realtà o ne fa gemmare altre minori. Una volta tenuto in considerazione tale assunto, è chiaro che uno strumento che stabilisce i rapporti di forza sia suscettibile alla propaganda delle maggiori nazioni. Come abbiamo detto lo strumento poi, come nel caso del PIL, è in grado di influenzare esso stesso il dato e unendolo alle necessità di propaganda diviene ovvio perché il Prodotto Interno Lordo sia tenuto ancora in grande considerazione specialmente dal blocco Occidentale. Se quindi chi scrive vuole delineare un nuovo sistema alternativo deve partire dall’idea che esso, per poter essere utilizzato realmente, deve soddisfare anche i requisiti di propaganda delle grandi nazioni indipendenti, perché al contrario, un sistema umanistico che vuole prescindere da tali schemi, come ad esempio il lodevole HDI, resta appannaggio di ristrette élite. Bisogna però escogitare anche un metodo che possa essere utilizzato anche da nazioni che abbiano differenti sistemi economici, differenti organizzazioni di governo e differenti composizioni sociali, o altrimenti la nazione che si vedrà in cima con uno specifico metro di giudizio tenderà ad adottarlo a scapito di altri che possano metterla in cattiva luce. Poiché però accontentare tutte le correnti di propaganda è impossibile per la natura dicotomica che ognuna propugna nei confronti dell’altra (poiché ogni nazione si professa come l’unica vera nazione, mutuando così i principi del Primo Comandamento), è proprio nel conflitto fra di esse che possiamo trovare una chiave. Ogni epoca storica infatti ha visto il fronteggiarsi delle nazioni le une contro le altre e finché esisteranno anche solo due nazioni sul pianeta è dal conflitto, scaturito dalla loro differenza dovuta al semplice fatto di essere più di una, che si delineeranno i loro rapporti. Il conflitto, naturalmente, non deve essere per forza armato e può assumere, ce lo auspichiamo sempre, la dimensione della diplomazia. Alla luce di queste considerazioni il sistema di misurazione che procederò a proporre è basato sull’idea di due forze contrapposte come in una partita di scacchi, ma si tratta invero di una partita molto particolare dove ogni pezzo, pur appartenendo ad un macro schieramento condiviso, può, in base al suo grado di indipendenza, agire secondo dinamiche che rispondono a necessità uniche di quel pezzo. Un sistema del genere è quindi binario e prevede sempre due nazioni apicali e di conseguenza, secondo un metodo discendente a cascata, gruppi contrapposti di nazioni. Quel che rende interessante tale metodo è che se proviamo ad adattarlo anche ad epoche passate della storia umana esso sembra funzionare alquanto bene.

I fattori affidabili: GLI STF

Fatte le dovute premesse espongo di seguito le mia teoria sul nuovo metodo denominato STF ovverosia Secure Trust Factors. Il nome si riferisce al fatto che esso ricalcola i dati tenendo conto dei seguenti fattori che sono considerati “affidabili” poiché non cercano di analizzare il mercato partendo dal mercato stesso, ma tentano di desumere come si comporta la geopolitica partendo da fattori reali, misurabili e che sono sintomi diretti dello stato di salute di una nazione.

Gli Armamenti
Con grande stupore di chi scrive, le armi e gli armamenti sono il grande assente degli indici di misurazione sulla forza di una nazione. La cosa appare dettata esclusivamente da ragioni di carattere etico, non tenendo conto che nessuno storico serio non esulerebbe mai, dalla sua analisi di una potenza passata, una riflessione sul suo esercito, sulla sua organizzazione, sulla sua efficienza, sulle tecnologie che esso produce, sui fondi che in esso vengono investiti. Nell’opinione di chi scrive è fondamentale tenere conto di una nazione se produce da sé i suoi armamenti o se li importa, se è in grado di fronteggiare un eventuale conflitto, e potersi così garantire “la prosecuzione della politica con altri mezzi” di cui ciclicamente tutte le nazioni necessitano, anche solo per difesa. Per fare un esempio pratico, seppur sembra essere un fatto acquisito che il PIL del Regno delle Due Sicilie fosse superiore a quello del Regno di Sardegna, il suo esercito, seppur caratterizzato da un buon livello dell’industria pesante era in uno stato di abbandono da 20 anni e più arretrato rispetto alla Regia Armata Sarda che aveva mutuato il modello francese, e la storia ci insegna come il confronto fra le due realtà fu ingeneroso con il detentore del PIL più alto.

L’Alimentazione
L’alimentazione è un altro parametro fondamentale. Con tale indicazione non ci si riferisce solo alla quantità di cibo a cui ogni cittadino mediamente può attingere, ma anche la qualità dello stesso, l’origine autoctona o al contrario se è importato. Tenere conto di questo parametro significa comprendere quanto uno stato è in grado di gestire le crisi, ma anche le crescite, o se in prospettiva può generare esplosioni demografiche (siano esse dovute ad un babyboom o ad immigrazione massiva). Facciamo un esempio pratico: la Giordania ha sempre avuto un buon livello di produzione e distribuzione del cibo (ottimo se confrontato alle nazioni vicine) e anche grazie a questo fattore ha potuto incassare, in maniera più o meno organizzata, l’arrivo di 1,4 milioni di rifugiati Siriani, considerando una popolazione di partenza di ca. 9 milioni di abitanti. Anche lo spreco del cibo è un importante fattore che descrive non solo la ricchezza di un popolo ma anche la sua capacità di sfruttare al meglio le proprie risorse.
Il livello Tecnologico
La tecnologia è un fattore difficile da misurare. Se in parte essa è desumibile dal fattore militare, in quanto è ben noto che molte tecnologie sviluppate in tale ambito passino a quello civile poco tempo dopo, dall’altra parte essa è frutto di un groviglio complesso di interessi, leggi di mercato e numerosi furti. Per questa ragione si è optato per un parametro legato ad un tipo di tecnologie che parimenti ha ricadute civili, ma che è difficilmente replicabile ma soprattutto la cui efficienza è fatta per essere sperimentata: la tecnologia legata alle esplorazioni spaziali. Una nazione in grado di mandare oggetti tecnologici, e talvolta persone, in orbita o su vicini corpi celesti, può sicuramente garantire l’avanguardia della tecnologia e i numerosi fallimenti della prima metà del programma spaziale cinese ci insegnano come, a differenza di altre tecnologie, non basta comprare, o rubare, le tecniche da altri, ma è necessario svilupparne di proprie. La tecnologia aerospaziale ha inoltre un innegabile vantaggio tattico e l’importanza che aveva nel corso della Guerra Fredda è legata solo in minima parte, come da molti sostenuto, al mero scopo propagandistico. 
Energia
Oggi come un tempo, le risorse energetiche rappresentano la colonna portante della forza di una nazione. La rivoluzione industriale non ha qualitativamente cambiato simile necessità di uno stato, ma solo quantitativamente, enormemente, aumentata. L’energia, la capacità di produrla, di conservarla, di distribuirla, di venderla, è un caposaldo di una nazione indipendente. Fra i vari elementi tenuti in considerazione, oltre che alla produzione di energia elettrica e all’uso di un ventaglio altamente differenziato di fonti energetiche, si è tenuto conto anche dell’unica grande novità della nostra epoca: l’energia nucleare. Senza entrare nel complesso dibattito sui vantaggi e gli svantaggi di una simile risorsa possiamo però prendere atto che essa è la cartina al tornasole di nazioni potenti e indipendenti, una specie di conditio sine qua non per poter accedere ai veri tavoli delle trattative: non è un caso che l’energia atomica sia tanto ostacolata nelle nazioni rivali, anche per il suo  indissolubile legame con le armi nucleari.

Scelte metodologiche: Il mondo come una scacchiera

LE PARTITE DEL PASSATO
La Storia ha conosciuto periodi più o meno lunghi di preparazione alla scacchiera, seguiti da periodi di svolgimento delle partite e che portano ad una conclusione la quale può essere, indifferentemente violenta o pacifica. Lo stallo non è praticamente realizzabile esattamente come negli Antiscacchi, per quanto esistono Patte Concordate. Nei periodi di preparazione alla scacchiera i modelli degli STF non sono applicabili a causa della grande dinamicità del momento che porta alla disposizione dei pezzi sulla scacchiera e per questa ragione non funzionali in quanto gli STF valutano la forza degli stati e delle nazioni, che in questa fase sono in formazione o trasformazione. Considerando quindi le tre fasi come fluttuazioni nell’ambito di un macro sistema storico, consideriamo le “partite” che si sono svolte nel passato e a cui si possono potenzialmente applicare gli STF moderni, prima del 1850 ca. infatti è necessario semplificare gli STF per seguire l’evolversi delle “partite”. Nel corso di esse gli schieramenti, aldilà dei proclami politici, sono fissi, dettati dal basso grado di indipendenza delle nazioni sussidiarie, ma all’interno di uno stesso schieramento è possibile scavalcare posizioni. In questo caso osserveremo la preparazione del 1850-1860, la partita Impero Britannico/Imperi Centrali, la conclusione (Prima Guerra Mondiale). Segue la preparazione del 1919-1943, la partita U.S.A./U.R.S.S. e la conclusione del 1989. 

GLI ATTORI REALI E QUELLI TEORICI
i re
Vengono definiti RE, quelle 2 nazioni che dirigono il gioco della partita.

le regine
Gli stati REGINE sono quelle nazioni poste un gradino subito sotto i RE. Il loro punteggio le rende delle vere e proprie super potenze che però non possono esercitare una totale indipendenza in quanto legate alla guida del proprio schieramento. In ogni caso, per quanto indissolubilmente legate alla loro fazione per attrazione (verso il proprio RE) o repulsione ( nei confronti del RE avversario), possono agire con un alto grado di indipendenza e tentare anche manovre per effettuare un sorpasso e divenire RE.

gli alfieri
Le nazioni ALFIERE sono dotate di un alto grado di indipendenza ma notevolmente ridotto rispetto alle posizioni che le precedono e non possono in alcun modo operare in direzione contraria effettiva nei confronti del proprio schieramento, per quanto possono esercitare, nelle forme e nei modi concessi, grande influenza sulle nazioni “pedoni” e le nazioni “cavalli”.

le torri
La TORRE non è una nazione bensì sono le grandi leghe commerciali che travaricano i confini nazionali e comprendono diverse nazioni di uno stesso schieramento. Affinché una confederazione commerciale possa essere considerata TORRE deve essere caratterizzata non solo da accordi commerciali estremamente vantaggiosi per gli stati membri, ma anche di una legislazione per la libera circolazione di merci e persone per cui si possa considerarle dei proto-stati confederati.

i cavalli
Una nazione CAVALLO è una nazione che risulta avere un punteggio estremamente basso ma che non si colloca affatto sul punto più basso del podio. Si tratta di sovente di micronazioni la cui esistenza anacronistica è concessa dal ruolo tattico che evidentemente svolgono in quanto paradisi fiscali o luogo caricati di un pregnanti significati culturali. Tali stati esistono poiché un alfiere, una regina o un re garantisce per loro e ne ha bisogno e condividono con il proprio patrono il destino. Esattamente come il pezzo degli scacchi che le rappresenta queste nazioni si muovono in maniera “anomala” ma possono risultare fondamentali in certe tattiche.

i pedoni
Infine vi è la stragrande maggioranza delle nazioni, i cosiddetti stati PEDONI. Si tratta di nazioni povere che purtroppo non possono aspirare ad alcun grado di indipendenza. Possono altresì cercare di migliorare la propria condizione risalendo faticosamente la crina fino alla posizione di alfiere e da lì iniziare ad avere margini di indipendenza. Queste nazioni, nella misura in cui tentano di agire al di fuori delle regole della partita in un modo o nell’altro vengono sacrificate.


Una considerazione di chiusura.
Per quanto la schematizzazione delle posizioni e dei ruoli delle nazioni possa sembrare cinica essa tenta di ricostruire uno spaccato concreto del mondo, che non tenga conto dei sogni e delle aspirazioni delle persone che abitano queste nazioni. Questo non deve far pensare che chi scrive sia insensibile alle pulsioni dei singoli individui ma se è pur vero che ogni nazione, e di riflesso la geopolitica, è composta di individui, esse possono essere studiate solo come corpi indipendenti, così come al contrario l’antropologia studia l’uomo a prescindere dalla nazione. Citando Calvino “-Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? - chiese Kublai Kan. -Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra - risponde Marco - ma dalla linea dell'arco che esse formano. Kublai Kan rimase silenzioso, riflettendo. Poi soggiunse: - Perché mi parli delle pietre? È solo dell'arco che m'importa.
Polo risponde:- Senza pietre non c'è arco.” Concludo dicendo che in questa sede mi sono occupato di Archi e non di Pietre.

T. T.